prima tappa | dorso e cresta iniziale

RELAZIONE PRIMA TAPPA

[seguire sempre verso Nord – osservando la linea delle montagne – in direzione di Campogrosso – prendendo come punto di arrivo il Baffelan]

wikiloc traccia >> https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/alta-via-dei-montecchiani-1a-tappa-148177570 [in calce link gpx]

In sintesi: il sentiero parte dal Monte Nero di Montecchio per fare tutta la dorsale dei Bernuffi fino al Valico della Bocca di Castelgomberto (Dorso Iniziale), poi dal Monte Mori sale e scende le diverse creste del nodo Monte Pulgo per arrivare al Passo di Priabona (Cresta Iniziale).

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testo di Alberto Peruffo da Montecchio

  1. Si parte dal centro storico di Montecchio – idealmente dalla Libreria La Casa di Giovanni, in corso Matteotti 41 (se aperta si possono chiedere informazioni) – con possibilità di parcheggio presso la Chiesa di San Pietro o nelle adiacenze.
  2. Dalla vicina Chiesetta di San Valentino, prima della scalinata, si gira a destra (primo segno sulla roccia basaltica nera) e subito a sinistra per seguire i segni, percorrendo l’inizio del Sentiero Didattico del Monte Nero, fino a giungere al bivio della Casa della Bepeta, dove si scende a destra verso il Capitello della Fratta (con veduta sulla conca agreste dei Campestrini), quindi a sinistra lungo il sentiero che porta all’antichissima Fontana della Nova (costruita durante la peste del 1400) e al Campo di Montecio Rock, tempio passato della musica ribelle.
  3. Si sbuca sulla Curva a Ferro di Cavallo (possibilità di visitare le rocche scaligere medievali – il Castello della Villa – detto di Romeo – e il Castello di Bellaguarda – detto di Giulietta – e la graziosa Chiesetta della Madonna degli Alpini, edificata nel 1943, dove si custodisce una campana portata dal fronte greco-albanese e alcune pregevoli sculture di Giuseppe Zanetti) e si prende subito a destra e poi in discesa a sinistra il sentiero che porta verso la Carpiana, l’antica via di comunicazione tra la Valle di Montecchio e la frazione di S.S. Trinità, con il Mondeo, colle storico, di fronte e poi a lato.
  4. Arrivati sulla strada che conduce a Bastia Alta, la si attraversa di netto per scendere nell’incantevole agricola Carbonara, dagli Urbani, e risalire alla scuola elementare di S.S. Trinità per boscosi, erti e selvatici sentieri.
  5. Dalla scuola ci si affaccia sulla Valle dell’Agno e si prosegue sulla stradina di contrada, che diventa sentiero boscoso (sopra la SPV – Superstrada Pedemontana Veneta) e che dal Cippo del Sentiero Ambrosi, solcando un prato dal panorama vastissimo, porta alla pietre bianche del Covolo Alto, alle sue grandi volte, vasche, fontane.
  6. Si esce dal Covolo, si entra a destra in contrada e si esce subito a sinistra per cavessagna e mulattiere che terminano sui fianchi inferiori del campo sportivo comunale (rossoblu!) e introducono al centro “abbandonato” della vecchia Chiesa di Sant’Ubano, dotato di notevole vecchia fontana-lavatoio e contrada dove il tempo sembra essere stato espulso dai campi consunti del nostro immaginario, postmoderno.
  7. Usciti dal centro, o si va subito a destra fino alla cabina elettrica di incrocio della rinomata Birreria Golin, o si sale a sinistra per percorrere la via vecchia del paese, parallela, ma molto più bella, ed elevata, anche spiritualmente, rispetto alla citata, sottostante.
  8. Si prende quindi la Via delle Sgreve, strada bianca che diventa mulattiera e poi sentiero, fiancheggiando la gola delle Spurghe (suggestivo labirinto roccioso “primigenio”, angolo di profumi ed essenze botaniche primitive, rifugio che fu partigiano, visitabile con abitanti del posto) e proseguendo verso nord (le montagne!) si arriva ai Bernuffi, la contrada fondata, si narra, dal Brigante Bernuffo (in fuga da Bassano)… dopo aver bevuto – noi e il brigante che è in noi – alla Fontana del Fo. Siamo nel cuore di toponimi tempestosi – qui “translitterò” anche il partigiano Tempesta – memori di suggestioni davvero roboanti.
  9. Raggiunta la Chiesetta dei Bernuffi (ottimo posto per sosta ombrosa), si attraversa la strada per prendere il Monte Spiado (proprio a volo d’uccello sulla Miteni, quasi a spiarla) per riaffacciarsi sul punto dove la Valle dell’Agno incrocia la Valle del Chiampo, sopra l’industriosa e inquinatissima zona segnata dal Grande Leone Veneto di Plastica, in mezzo tra la Miteni e il grande depuratore cittadino, sopra la distrutta Valbona e la sua fontana divelta (portatrice del più antico toponimo di Montecchio, del primi anni del 1200), emblemi della deriva dei simboli, monumenti alla nostra follia. Una parodia di cui gli stessi autori, crediamo, non si sono ancora resi conto, tanto ignorano ancora oggi la propria storia e la millantano con storiette affastellate su identità peregrine.
  10. Per la vecchia stradina dei Bernuffi si prende a sinistra la costa del monte e si arriva sulla cresta sopra gli stabilimenti Miteni (responsabili del più grande inquinamento chimico del mondo occidentale di acque ad uso umano, nel silenzio istituzionale) e la lottizzazione Koris della Famiglia Marzotto (col consenso istituzionale). State camminando sopra la galleria montecchiana della Superstrada Pedemontana Veneta, la grande opera che ha distrutto parte di questi territori.
  11. Percorsa la lunga cresta, selvaggia, poco frequentata e misconosciuta, bordeggiando vigneti e colture stagionali, si esce sul favoloso prato dei Costi Alti da dove si vede tutto il percorso dell’Alta Via.
  12. Siamo su un crinale perfetto, geografico e politico, metaforico: il Monte (degli) Schiavi. A destra e a manca. Il breve tratto di strada asfaltata che inizia dal cartello comunale offre un panorama unico, “stupefacente” (attenzione a ciò che sta per arrivare), fino all’inizio del Sentiero Zaia (che non ha nulla a che vedere con il decisore politico protagonista amministrativo apicale dei fatti citati, insieme con i compagni della Sinistra Qualunquista Variatiana, permettetici la memoria politica), sentierino nascosto che porta al Capitello della Cocca (antica e celebre trattoria, a volte con-fusa – e nei piani sottostanti piuttosto dif-fusa – come “coca”), e alla sua più sfiziosa ancella, la Trattoria Belvedere. Qui mangiare è una fede; bere vino garganego, contadino, una religione. Prima che avanzasse la laicità omologante del Prosecco.
  13. Passati i due ristoranti, subito a destra si prende il Sentiero Don Camillo che si getta senza riserve, di cibo e di vino, sulla scoscesa e selvaggia Valle Sorda, passando per la Contrada Buso, quasi fosse un contrappasso, di nome e di fatto, di donde si è giunti. Nella contrada trova pure rifugio un notevole scrittore “local”, del luogo e dei luoghi.
  14. A sinistra per stradina asfaltata si arriva al Capitello della Contrada Partiloca (posto di sosta comodo) e a destra inizia una strada bianca, campestre, che porta alle prime contrade di Valle di Castelgomberto.
  15. Prima di raggiungere la SP 35 (che raggiungeremo più in alto) si gira per retrosentiero a sinistra per andare a prendere una desolata carareccia che porta ad un vecchio taglio di sentiero, di fine ghiaia rossa, che riprende la stradina di Partiloca fino alle scalette che portano ai tornanti della SP.
  16. Bordeggiando con attenzione il trafficato tornante, al successivo inizia la bellissima Strada Vecia della Valle, sentierino che con linea orizzontale declinante porta alla remota Val di Barco, evitando il caos automobilistico della Bocca.
  17. Giunti in fondo si svolta a sinistra per la stradina che fiancheggia la contrada e appena fuori si gira di netto, di novanta gradi, mirando a un pozzo di cemento delimitante vigneti.
  18. Da qui inizia un’erta salita che riemerge sulla mulattiera che a sinistra porterebbe alla Chiesetta dei Santi Giorgio e Valentino (ottimo posto per fare un campo), ma si prende la destra, fino ad un nuovo ed erto bosco che porta su alti prati recintati, attraversati da un curioso zig zag di grande geometria, poco dopo essere passati per il confine di una casa magazzino abbandonata, derelitta (molto spettrale e suggestiva come location da film che piacerebbe e ricorda l’amico Vitaliano Trevisan, un maestro delle derive).
  19. Sbucati sulla strada di Monte Mori, sulla Contrada di Via Pederiva, sopra Castelgomberto, alle prime case si devia a destra, in direzione della Panchina dell’Amore, per quindi passare tutte le varie silenziose abitazioni collinari che portano al culmine del monte.
  20. Si continua la mulattiera per incrociare una strada bianca panoramica, con vista mozzafiato, la quale muore sulla stradina che porta al bivio per il Monte Pulgo. Tenendo sempre i sentieri più erti, ripidi e selvaggi di sinistra, abbandonata la mulattiera, si raggiunge la cresta gobbosa e misteriosa del nodo Monte Pulgo.
  21. La schiena boscosa del Pulgo offre squarci di visione sulla bellissima area delle Poscole (area SIC, sito di interesse comunitario europeo) letteralmente violata e devastata dal cantiere della SPV, che si scorge sprofondare nei campi sottostanti. Si esce sulla strada dorsale di Monte Pulgo, nei pressi della curva della storica Birreria Enfant Prodige, sui prati sopra Contrada Carletti. Il panorama qui è ampissimo. Verso Vicenza si vede la Base Militare Del Din (ex Dal Molin) e si intuiscono i cantieri avanzanti della TAV, visibili molto bene dal Monte Nero e dai Castelli di Montecchio.
  22. Si attraversa il paese, che inizia con la casa abbandonata dei Fratelli Righeira, quelli di Vamos a la playa (1983), No Tengo Dinero (1983) e L’estate sta finendo (1985), tutti titoli premonitori della distrazione di massa di un’epoca fatta di fragorose discoteche giunte fino a noi, tanto da commutare la ribelle Montecio Rock nell’attuale Montecchio Beach (“monte-spiaggia”: una contraddizione in termini, un capovolgimento semantico) o in futuribili Arzignano Sabbia d’Oro, la fine “grana” ricavata dall’inquinamento indiscriminato dei territori che si vedono in lunga e suggestiva prospettiva dai prati del Pulgo e della Casa Righeira.
  23. Superata la Chiesa, sulla destra un parcheggio offre la vista sull’inquietante parte finale della Vallugana, con la galleria di servizio della SPV che ha tolto vita e respiro alla bellissima vallecola di un tempo che fu. Subito dopo si riprende in salita la mulattiera delle creste del Pulgo e con lungo traverso si arriva sul colle finale.
  24. Per ripido e selvaggio sentiero, puntando al caratteristico traliccio di media tensione visibile sul colle del Pulgo da valle, si scende finalmente al Passo di Priabona (toponimo famoso in tutto il mondo scientifico, che ha dato battesimo al Priaboniano), dopo essere usciti dal bosco sulla strada e rientrati subito su magnifico sentiero che costeggia la nascita del ramo di sinistra del torrente Poscola (fontana con acqua sorgiva buonissima lungo il sentiero) e senza fermarsi all’Oasi della Pace, parossistico e pericoloso-pericolante presidio di giovani giocatori di guerre, soft.
  25. Passata la Trattoria al Cacciatore (aperta la mattina per colazioni e solo su appuntamento per ristorazione “selvatica”) si può visitare la meravigliosa Grotta della Poscola (sorella del celeberrimo Buso della Rana), nel retro cortile/giardino/santuario dell’Ospizio dei Religiosi denominato Stella Alpina, nel cui fondo ribolle la sorgente primaria del torrente che nel suo breve corso diventerà da meraviglia della natura a torrente più inquinato al mondo, deturpato per un secolo almeno, dalle celebri sostanze chimiche denominate PFAS, e dopo essere stato deviato dal suo alveo per ben 3 volte e imbrigliato dentro a paratoie di cemento a causa della violenza dei lavori della SPV.
  26. Dopo così tanta bellezza e bruttezza, circa 31 km, si può chiedere ospitalità (e/o per-dono) nel giardino mariano dello stesso Ospizio o nelle stanze della vecchia scuola parrocchiale, adiacente alla Casa del Parroco. Stanze vuote, con numerosi santi appesi alle pareti, dotate pure di un bagno collettivo, ad uso scolastico. Dove si può dormire e dire fine alla prima straordinaria tappa.

GALLERIA FOTOGRAFICA
foto di Dario Dalla Costa, Martina Bettega, Alberto Peruffo

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NOTE E BIBLIOGRAFIA MINIMA.

  • Chilese, Luciano. 1988. Toponomastica di Montecchio Maggiore. Francisci Editore.
  • Fabris, Antonio; Fabrinetti Doriano. 1994. Le Poscole, Natura nella Valle dell’Agno. Grafica Cracco.
  • AA.VV. 2010. Montecchio Contemporanea. Antersass Casa Editrice.
  • Peruffo, Alberto. 2021 Non torneranno i prati. Storie e cronache esplosive di PFAS e Spannoveneti, Cierre Edizioni.

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PRIMA PUBBLICAZIONE 7 OTTOBRE 202
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aggiornamenti // 9 ottobre 2023