premesse culturali | percorso intero

ALTA VIA dei MONTECCHIANI
ribelli

una via di memorie, letterature e geografie concrete

dedicata a Giacomo Albiero
alpinista e partigiano, montecchiano

e a Letizia Battaglia
attivista e fotografa, palermitana

un omaggio alla Piccole Dolomiti e alle sue memorie

in memoria dei Piccoli (grandi) Maestri, delle Maestre, e di tutti coloro che hanno lottato per le libertà fondamentali su questi monti

in memoria delle vittime delle guerre e dei crimini ambientali che hanno visto le nostre terre

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PENSIERI E POESIE

Non si può insegnare tutto.
Luisa Muraro

Sentire come chi guarda, pensare come chi cammina.
Fernando Pessoa

Par vardar dentro i cieli sereni,
là sù sconti da nuvoli neri,
gò lassà le me vali e i me orti,
par andar su le cime dei monti.

Son rivà su le cime dei monti,
gò vardà dentro i cieli sereni,
vedarò le me vali e i me orti,
là zò sconti da nuvoli neri?
Giacomo Noventa

La memoria è un’occasione per pensare:
serve per non dimenticare il dramma della guerra.
Franco Rasia

Attraversare montagne selvagge è una via alla liberazione.
Milarepa

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L’ALTA VIA NELLE INTERPRETAZIONI E NEI SENTIMENTI DEGLI APRITORI

Montecchio Maggiore, 21 settembre 2023

In sintesi geografica:

  • è un’opera disegnata con i piedi e con la memoria, su sentieri remoti.
  • è un’alta via che parte dal Monte Nero di Montecchio e arriva al Monte Baffelan di Campogrosso, disegnata in origine da Alberto Peruffo e Martina Bettega per ricordare Giacomo Albiero, tutti montecchiani, originari del Monte Nero e alpinisti sul Baffelan.
  • è lunga circa 67 km, a seconda delle varianti, e si può percorrere in 3/4 giorni di cammino.
  • connette in modo originale la rete di sentieri dal fondo della Valle dell’Agno fino alle montagne che la chiudono.
  • scorre da Montecchio alle Piccole Dolomiti di Recoaro, sempre a filo di cresta e di dorso, deviando a volte su passaggi e valli laterali nascoste.
  • il filo di cresta e di dorso si svolge tra le valli ad est del Poscola e dell’Agno, con le valli ad ovest dell’Onte-Retrone e del Leogra-Timonchio.
  • la lunga linea affilata, orizzontale, la si può vedere sospesa a filo di cielo sia da Schio/Malo/Thiene, sia da Trissino/Cornedo/Valdagno, alzando lo sguardo in alto, con l’intenzione di travalicare le valli.
  • simbolicamente, parte dalla Libreria La Casa di Giovanni, quartiere storico di San Pietro, e arriva alla Biblioteca del Rifugio Toni Giuriolo, “quartiere” storico-alpinistico di Campogrosso.
  • operativamente, è un’opera collettiva curata dalla comunità dei camminatori, mediante il cammino e la cura dei  “classici” segni bicromatici.
  • i segni sono pochi, negli incroci e nei passaggi strategici, disegnati in modo gentile e se qualcuno è fuori posto, saranno i camminatori stessi che hanno colorato il segno sbagliato a migliorarlo, scusandosi.
  • in breve: parte dal Monte Nero di Montecchio facendo tutta la dorsale dei Bernuffi fino al Valico della Bocca di Castelgomberto (Dorso Iniziale), poi dal Monte Mori sale e scende le diverse creste del nodo Monte Pulgo per arrivare al Passo di Priabona (Cresta Iniziale); raggiunti i Campi Piani sotto il Monte Verlaldo si fa tutta la lunga cresta del nodo Monte Faedo, transitando per il Roccolo Rossato e sopra i Massignani, fino al Passo del Mucchione, per approdare al Passo dello Zovo (Cresta di Mezzo); da qui si raggiunge il Passo Colombo, e tagliando per il Monte Varolo, si sale al Monte Civillina, per scendere al Passo Camonda, transitando per il Passo dei Branchi, fino al Passo Xon attraverso la Contrada Busellati, il Cucco Moro e quindi finire in salita direttamente a Campogrosso (Dorso Finale).
  • attraversa, travalica, bordeggia le terre e i monti dei Comuni di Montecchio Maggiore, Trissino, Castelgomberto, Cornedo Vicentino, Monte di Malo, Schio, Valdagno, Valli del Pasubio, Recoaro. Dieci comunità di camminamenti e camminatori.
  • in somma, una meraviglia, tra due e più valli, sofferenti.

Concettualmente:

  • è una via per tutti, cittadini e montanari, giovani e adulti, che vogliono incontrarsi e conoscere la connessione tra se stessi e i territori, tra la montagna e la città.
  • è un’opera di sentimento fatta di passi e di sudore, di lacrime e di gioia.
  • è una via al di sopra delle burocrazie e delle parti politiche che hanno devastato i territori.
  • è un’opera di arte politica, nel senso primo e pieno della parola, che nasce dalle polis, osservando dall’alto i conglomerati urbani, i villaggi e i villeggianti, le città addomesticate e addolorate, ignare che in alto esiste un’alta, “altra”, via. 
  • è un’opera di geografia e storia, concrete, radicata e radicale, al di sopra delle parti che nel basso manipolano astrattamente le memorie per corrompere i territori senza conoscerne le radici, le nubi, i cieli azzurri.
  • è un’opera di visione che passa sopra i territori devastati da: contaminazione da PFAS, Superstrada Pedemontana Veneta, TAV, basi militari, industrializzazione e consumo fuori scala – e da ogni dimensione propriamente umana, naturale, ecosistemica – di suolo-acqua-aria.
  • è una via fatta di passi sui beni comuni, osservando dall’alto i mali comuni e le proprietà “private” dalla loro stessa dignità di essere fondate sul “comune”.
  • è una via che sfiora contrade e pensieri che nulla hanno a che fare con il turismo predatorio di Cortina e del Prosecco, di proprietà impropriamente Unesco, di città militarizzate, di affari “pubblici” fondati su joint venture propagandate dal tardo capitalismo spannoveneto.
  • è una via di pace che interseca, intercetta, studia e abbandona, passa dove non passa l’Ortoganale 1, la storica via di guerra, “violenta” linea artificiale tra Campogrosso e Monteviale.
  • è una via su creste irraggiungibili dalla prepotenza militare e del dominio, una via che collega altre vie offerte dalla natura, a volte incrociando in direzione contraria le vie violate dall’artificio militare.
  • è una via che va in senso opposto – realmente, oltre che simbolicamente – ad una via di guerra, trovando soluzioni che non sono linee rette tracciate sulle montagne, che hanno visto gli uomini lavorare e morire come schiavi.
  • è una via per ricordare i dimenticati da tutti, le vittime civili, i disertori e gli ammutinati fucilati su queste dorsali e contrade a seguito della follia della Grande Guerra.
  • è una via che valorizza criticamente il prezioso lavoro storico dell’Ecomuseo della Grande Guerra 1915-18.
  • è una via di fuga partigiana durante la Guerra Civile del 1943-45.
  • è una via per valorizzare le storie dei «Piccoli maestri», Toni Giuriolo, Luigi “Gigi” Meneghello, Gaetano “Nello” Galla, Benedetto “Bene” Galla, Mario Sommacal, Enrico Melen, Dante Caneva, Renzo “Tempesta” Ghiotto, Rodino Fontana, Walter Cousins, Douglas Smith, Vasilj Melnik e gli altipianesi, tutti ricordati nel breve Sentiero dei Piccoli Maestri di Malga Fossetta, di cui l’Alta Via vuole essere compagna e lunga appendice di memoria.
  • è una via per raccogliere le storie di tutti i piccoli «grandi» maestri/e che sono vissuti/e tra queste valli, i difensori e gli educatori delle libertà fondamentali.
  • è un anticorpo vivente, nel suo farsi, a tutte le retoriche delle guerre e degli eserciti.
  • è una via letteraria, dove si raccolgono e diffondono libri, letterature e storie, grandi e piccole.
  • è una via di amore, dolore e ribellione.
  • è la via più miracolosa per arrivare al Baffelan, senza prendere l’automobile.

Per ciò:

  • è un inno alla bellezza e alla giustizia sociale. «Non c’è bellezza senza giustizia» recitava il titolo di un’importante esposizione fotografica a Montecchio Maggiore, contro le mafie e contro tutte le guerre, divenuto nostro principio primario.
  • è un cammino di trasformazione per come cambierà la percezione dei nostri territori.
  • è un cammino sentimentale per come sentiremo il nostro respiro, di chi cammina al nostro fianco, del nostro compagno, della nostra compagna, delle nostre terre, passo dopo passo.
  • è un cammino esposto sul filo di cresta della passione, di una radicale passione per la vita, che fa camminare insieme, come compagni di cordata, la giustizia sociale e la giustizia ambientale. Inseparabili.

NOTE VARIE

Nota tecnica: i colori usati sono l’arancio sangue RAL 2002 (il nome di battaglia di Albiero era “Sangue”) e il blu luce RAL 5012 (come il cielo delle montagne che ci chiamano a sé).

Note logistiche: la si può dividere in diverse tratte. Consigliamo tre opzioni.

  • A [3 giorni] per camminatori “allenati”, con sacco a pelo e materassino.
    1. da Montecchio a Priabona (da dormire presso Ospizio dei Religiosi o Casa della Parrochia); 
    2. da Priabona al Monte Civillina (da dormire presso il Baito Cristina Castanga o Trincee o sotto le stelle dell’osservatorio diVetta).;
    3. dal Monte Civillina a Campogrosso.
  • B [4 giorni] per camminatori “contemplativi”, con campo e tende.
    1. da Montecchio a Castelgomberto (da dormire presso il campo della Chiesetta dei Santi Giorgio e Valentino – rifornirsi d’acqua presso la famiglia nei pressi);
    2. da Castelgomberto alla Baita della Croce dei Massignani (sempre aperta con possibilità di dormire al coperto e dotata di piccola cucina – rifornirsi d’acqua al Roccolo Rossato!);
    3. dai Massignani al Capitello di Passo Camonda (che offre riparo per 3 persone e una fontana di acqua purissima);
    4. da Camonda a Campogrosso.
  • C [2 giorni] per camminatori “frettolosi”, con il minimo di cibo.
    1. da Montecchio alla Baita della Croce dei Massignani (proprio a metà del percorso integrale, sempre aperta con possibilità di dormire al coperto e dotata di piccola cucina – rifornirsi d’acqua al Roccolo Rossato!);
    da Baita della Croce a Campogrosso. 

Altri posti dove dormire o rifonirsi di cibo e acqua sono:

  • Capitello della Cocca (tra i Bernuffi di Montecchio e Passo della Bocca di Castelgomberto)
  • Roccolo Rossato tra Cornedo e Faedo di Monte di Malo (ristorante e servizio d’albergo con 2 camere)
  • Ristorante Chiesetta Del Mucciòn a Passo del Mucchone (ristoro “stellato, con eventuale dependance ad uso ristorante con tetto coperto).
  • Ristorante Trattoria Birraiolo Passo Zovo (ristorante, ancora senza servizio camere)
  • Rifugio Campogrosso (ristoro e servizio camere)

Lungo il percorso ci sono radure magnifiche per piantare tende o dormire sotto le stelle. Per chi dorme nei baiti assicurarsi che siano aperti o farseli aprire.

L’Alta Via dei Montecchiani si può fare in quasi tutte le stagioni, dipende dalla neve nell’ultimo tratto. Attenzione al ghiaccio nel periodo invernale.

L’altitudine va da 72 m (con una depressione a 49) fino a 1457 m slm. Si può fare anche in senso contrario (girate la testa di 180° per interpretare i segni).

Note per i frequentatori: è adatta a tutti coloro che sanno camminare in montagna. La si può percorrere a tratti, in giornate diverse, tenendo come direttiva la linea principale e chiudere ad anello la tratta scelta con i vari passi citati (si consiglia metà della tratta di quelle indicate nelle opzioni se si vuole fare ad anello o andata e ritorno). Ai passi dello Zovo, di Priabona e Campogrosso passa il servizio pubblico SVT per rientrare (o si può sempre attivare il car sharing, l’antico autostop) nel caso si volesse fare le tratte indicate senza ritorno. La linea Recoaro Montecchio SVT è ben servita.

Note storiche ed artistiche: il logo nero in testa è la rielaborazione grafica fatta nel 2008 da parte dell’artista Ester Chilese del logo disegnato nel 1999 dal pittore Maurizio Camposeo per Intraisass, Rivista aperiodica di Letteratura, Alpinismo e Arti Visive – edita in Montecchio Maggiore. Per gli alpinisti, giunti sotto il Baffelan, esiste come appendice alpinistica la Via Dei Montecchiani Ribelli, aperta da Alberto Peruffo e Leonardo Meggiolaro nel luglio del 2015 sulla parete Nord. Giacomo Albiero, a cui è dedicata la via, è morto il 21 settembre del 2018 e nel primo lustro della sua dipartita abbiamo voluto dedicargli questo omaggio. Una Via Ideale tra casa sua e il Baffelan. Una via che in sintesi rappresenta tutte le nostre passioni civili, politiche, sportive, etiche ed estetiche. L’ecologia della libertà. Senza mediazioni al ribasso. Senza cancellare le memorie. Riportando alla scoperta i Piccoli Maestri e gli altri partigiani/partigiane di queste splendide montagne.

Una premessa culturale sui Montecchiani Ribelli, su Toni Giuriolo, Luigi Meneghello, Gino Soldà, Giacomo Albiero, Luisa Muraro, sui «piccoli grandi maestri» la si trova in questo celebre articolo (per gli alpinisti) scritto da Alberto Peruffo in occasione dell’apertura della via sul Baffelan nel 2015.

Se davvero Monticulus significa Piccolo Monte, e Piccole sono le nostre Dolomiti, Piccoli saranno e sono i nostri maestri, a cui è dedicata la via: a Toni Giuriolo, Gino Soldà, Luigi Meneghello, Giacomo Albiero, Luisa Muraro, i “maestri” ribelli delle Piccole Dolomiti che ci “accompagnano” con le loro gesta verso un’edificante conclusione: i Piccoli maestri “insegnano” fuori dalle Grandi Accademie. Perché? Perché “le Piccole” sono “le pratiche nel mondo”. Perché “non si può insegnare tutto”. Perché solo fuori dalle Accademie è possibile accendere fumogeni, innescare le molotov delle coscienze, “apprendere” da chi non è “preso”. Il restare Piccolo dietro alla prepotenza della grandezza, alla sua arroganza e illusione, consegna qualcosa di inespugnabile.

Si tratta di un vero e proprio preliminare di “piccole” grandi storie alla futura Alta Via dei Montecchiani, da leggere qui >>

Un ricordo di Giacomo Albiero, sempre di Alberto Peruffo, nel giorno del funerale, lo si trova qui >>

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Antersass Casa Editrice | Montecchio Maggiore | VI
PRIMA PUBBLICAZIONE 1 OTTOBRE 202
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aggiornamenti // 7 ottobre 2023 – 16 ottobre 2023